Metalli tossici e odontoiatria: per decenni si è dovuto “stringere i denti”. In questo articolo la Dott.ssa Ferraro fa il punto della situazione sui metalli tossici e l’odontoiatria.

Utilizzo del mercurio nella storia dell’odontoiatria

Nel 1819 un chimico inglese di nome Bell ha ideato otturazioni dentarie a base di amalgama contenente il metallo tossico mercurio.

Nel 1826 vengono utilizzate per la prima volta tali otturazioni da odontoiatri in Francia e in Inghilterra.

Nel 1830 iniziano ad essere utilizzate otturazioni all’amalgama negli Stati Uniti; il mercurio inizia ad essere nei denti di molti statunitensi.

…ma già 10 anni dopo nel 1840 la prestigiosa American Dental Society of Surgeons afferma che il mercurio contenuto nell’amalgama è potenzialmente dannoso per la salute.

Nel 1859 invece, odontoiatri “pro-amalgama” formano una propria associazione, American Dental Association.

Nel 1926 il noto chimico Alfred Stock afferma che il mercurio contenuto nelle amalgame è alla base dei problemi di salute di molti suoi amici.

Il dibattito continua nei decenni successivi, ma negli anni 80 del secolo scorso alcuni studi autoptici riportano collegamenti tra amalgame contenenti mercurio e la presenza del medesimo metallo tossico nel tessuto cerebrale e renale. (Ved. ad esempio Mercury concentrations in the human brain and kidneys, M. Nylander e colleghi, pubblicato nel 1987 sulla rivista degli odontoiatri svedesi, Swedish Dentistry Journal).

Le amalgame dentarie, per anni “difese” dalla rinomata FDA americana (Food and Drug Administratiin), sono composte prevalentemente da mercurio (50% circa), argento, rame, stagno e zinco.

I primi paesi a bandire l’utilizzo delle amalgame contenenti mercurio sono state la Svezia, la Norvegia e la Danimarca all’inizio degli anni 2000.

Meglio tardi che mai, la Commissione Europea ha decretato che dal primo luglio 2001 amalgame per otturazioni contenenti mercurio sono vietate fino ai 16 anni di età e dichiara che tali otturazioni possono essere utilizzate esclusivamente in alcuni casi specifici.

Nel 2009 in Italia vengono banditi i termometri contenenti mercurio liquido, ed ovviamente anche gli sfigmomanometri che ricordo con un certo affetto in quanto funzionavano bene.

A partire dal primo gennaio 2019 l’utilizzo del mercurio in odontoiatria è consentito esclusivamente in forma pre-dosata e incapsulata.

Contributo di un odontoiatra

Il dottor Luciano Tarabini è il fondatore e direttore della Clinica Chirurgica Tarabini a Carpi in provincia di Modena. Si occupa di odontoiatria e chirurgia maxillo-facciale, per cui di chirurgia orale, chirurgia implantare, chirurgia ricostruttiva dei mascellari atrofici e riabilitazioni protesiche complesse. Ha dato un importante contributo alla prima edizione di questo libro, ed è con enorme piacere che gli ho chiesto un altro contributo.

I lettori lo trovano su www.clinicatarabini.it per maggiori informazioni circa la sua attività.

Fin dai primi anni di pratica clinica, per cui più 15 anni fa, mi sono reso conto nei pazienti della problematica attinente ai metalli tossici presenti nelle ricostruzioni dentali, (ovvero amalgama contenete prevalentemente mercurio), nei manufatti protesici fissi e mobili ottenuti mediante il processo di fusione. Le prime problematiche individuate nella quotidianità clinica erano, e continuano a essere, la colorazione dei denti che diventano scuri e meno resistenti per via della presenza dei metalli tossici che si ossidano.

Tale ossidazione può inoltre causare simil-tatuaggi sulle gengive e/o mucose del cavo orale. Per questo motivo è fondamentale utilizzare opportune protezioni per la rimozione dei metalli tossici, quali diga di gomma, occhiali per paziente, operatore e assistente e abbondante irrigazione con opportuna cannula da aspirazione; vi è inoltre l’obbligo di effettuare tali procedure in studi odontoiatrici a norma di legge.

Di fatto la vera novità, un dato importante rispetto alla prima edizione di questo libro per gli studi odontoiatrici italiani, è il Regolamento eudkleo introdotto il 1 gennaio 2019. In base a questa indicazione ministeriale, al comma 4 del Regolamento, “gli operatori degli studi odontoiatrici che utilizzano l’amalgama dentale o rimuovono otturazioni contenenti amalgama dentale ovvero denti con tali otturazioni, devono garantire che il proprio studio sia dotato di separatori di amalgama per trattenere e raccogliere le particelle di metalli tossici, incluse quelle contenute nell’acqua usata.”

Inoltre, i titolari di studi dentistici sono obbligati a garantire:

a) I separatori di amalgama messi in servizio a decorrere dal 1° gennaio 2018 assicurino un livello di ritenzione delle particelle di amalgama pari almeno al 95 %.

b) A decorrere dal 1° gennaio 2021 tutti i separatori di amalgama in uso assicurino il livello di ritenzione specificato nel Regolamento Europeo.

I separatori di amalgama devono essere soggetti alla manutenzione conformemente alle istruzioni del fabbricante per garantire il più elevato livello di ritenzione praticabile. Perlopiù, in base al comma 6, gli odontoiatri dovranno garantire che i rifiuti di amalgama, “compresi i residui, le particelle e le otturazioni di amalgama non ché i denti, o loro parti, contaminati con metalli tossici, siano gestiti e raccolti da una struttura o da un’impresa per la gestione dei rifiuti autorizzata.”

Le lesioni direttamente attribuibili a metalli tossici possono essere: colorazioni dentali, simil-tatuaggi sulla mucose, (come spiegato prima), problemi neurologici, problemi muscolari, formicolii, dermatiti, problematiche intestinali e altro.

Negli ammi ho visto vari sintomi che ritengo siano stati causati dalla presenza di metalli tossici nella cavità orale, pur non potendolo dimostrare. Molti dei miei pazienti mi hanno infatti parlato dell’insorgenza di uno o più sintomi dopo un intervento o interventi di natura odontoiatrica.

Si tratta di affezioni di natura infiammatoria che si possono manifestare in fasi acute ma che generalmente si cronicizzano.

Negli anni certi pazienti mi hanno parlato di disturbi insorti poco dopo lavori di natura odontoiatrica con materiali contenenti metallic tossici; pur non potendolo dimostrare, sono convinto I sintomi siano causati dai metallic tossici. Alcuni pazienti si sono presentati con forti dermatiti e tensioni neuromuscolari che hanno riferito durare da molti mesi; si trattava di pazienti che erano accomunati dalla presenza di metalli tossici nel cavo orale (ricostruzioni in amalgama o vecchi ponti metallici o corone singole metalliche) in tutti I casi. Una volta trattati mediante la rimozione del material in questione, quindi “bonificando” la zona da qualsiasi forma di metallo tossico presente e ripristinandola provvisoriamente con materiali compositi biocompatibili, le problematiche sono regredite rapidamente In molti casi mediamente dai 30 ai 90 giorni.

I pazienti in cui la problematica attribuibile alla presenza di metalli tossi nel cavo orale è più rilevante, ho riscontrato reflusso gastro-esofageo; la presenza a lungo termine di acidi nelle zone più profonde del cavo orale porta ad una più veloce ossidazione dei metalli tossici amplificandone anche la tossicità.

Al giorno d’oggi la tendenza in odontoiatria e non solo, è di utilizzare materiali estremamente biocompatibili e monocomponenti per evitare disgregazioni di material tossico superficialmente o in profonddità con conseguente ingestione e/o assorbimento dall’organismo.

(Nello specifico la maggior parte dei denti e/o ricostruzioni dentali dicesi “inlay-onlay” in gergo odontoiatrico vengono ottenute dal pieno attraverso tecnologie CAD-CAM con materiali quali zirconio, composito e disilicati). Nel passato quando tutte le strutture metalliche venivano prodotte con tecniche di fusione o di aggregazione di liquidi e polveri metalliche, la disgregazioni di questi metalli tossici era all’ordine del giorno.

Il materiale ceramico è un altro materiale che può essere utilizzato in modo integrale e/o come copertura di sottostrutture per la creazione di corone dentali; pur essendoci delle micro perdite di materiale superficiale che ad oggi molti laboratori di analisi di materiali stanno analizzando per verificarne una possibile tossicità. (Anche se ci fosse, non sarebbe paragonabile a quella dei metallic tossici).

Per concludere, sono lieto sia che in odontoiatria ci siano materiali più biologici sia che la dottoressa Ferraro stia continuando a lavorare con protocolli di chelazione.

Osservazioni

L’interessante contributo ha “stuzzicato” il mio interesse scientifico, e tanto per non cambiare, ho consultato la banca data dei medici; cito pertanto studi vari:

Nanomaterials in Dentistry: Applicatiins and Toxicological Implications: a Systemic Revies, (Uutilizzo di nanomateriali in odontoiatria: implicazioni ed aspetti tossicologici: revisione sistemica), pubblicato nel 2020 da Rupali Agninotri et al sulla rivista Biological Trace Elements. I ricercatori ricordano quanto la nanotecnologia sia una parte fondante della medicina e dell’odontoiatria nel futuro, ma questo già dai primi anni del XI secolo. In contesto odontoiatrico, la nanotecnologia viene impiegata sia per la prevenzione sia per il trattamento delle affezioni del cavo orale, ed anche a scopo diagnostico. È fondamentale la funzionalità della dentizione quanto l’aspetto estetico; le nanoparticelle sono una tecnologia di notevole interesse.

La nanotecnologia utilizza nanoparticelle quali argento, oro, titanio, zinco, rame e zirconio. Ricerche precedenti avevano ipotizzato che tali nanoparticelle fossero tossiche per le sallule in generale, in quanto promotori di processi infiammatori. I dati però sono contrastanti:

Uno studio del 2013, per cui di sette anni prima dello studio sopra-riportato, riporta che queste nanoparticelle non sono tossiche per l’organismo. (No evidence of the genotoxic potential of gold, silver, zinc oxide and titanium dioxide nanoparticles in the SOS chromotest, di Nam SH et al pubblicato su Journal of Applied Toxicology). Il cromotest di cui si sono avvalsi i ricercatori rileva danni cellulari a livello genetico; la rilevazione è di natura quantitativa.

Per fortuna non stiamo più prendendo in considerazione metalli tossici quali il mercurio. Tuttavia, possono emergere alcuni sospetti circa l’utilizzo dell’oro, argento ed altri. Parto dal fatto che il mercurio è tossico, dato documentato da anni ormai; ved. ad esempio Mercury in dental amalgam fillings: risk analysis, (Otturazioni d’amalgama contenenti mercurio: analisi del rischio), di Maths Berlin pubblicato su Neurotoxicology nel 2020.

Eppure alcuni studiosi si sono posti domande circa l’efficacia della ceramica dentale in odontoiatria. Già nel lontano 2009 una revisione sistemica era stata effettuata sull’utilizzo della ceramica in odontoiatria: Are ceramic implants a viable alternative to titanium implants? A systemic literature review, (Gli impianti in ceramica sono una valida alternativa rispetto al tititanio? Revisione sistemica della letteratura), di Marina Andreiotelli et al pubblicato sulla rivista Clinical Oral Implants Research. I ricercatori non hanno rilevato differenze tra i 2 materiali in termini di osteo-integrazione. La ceramica è un materiale estremamente biocompatibile ad uso estetico che però viene utilizzata in generale abbinata ad altre nanoparticelle.

 Arrivati a questo punto, ragiono in termini di definizioni e logica visto che la letteratura scientifica non sempre è in grado di offrire una chiave di lettura “universale”,  date le numerose variabili. 

Abbiamo visto che la definizione di un metallo tossico è la seguente: un elemento con una densità relativamente alta che non svolge nessuna funzione biologica ed è tossico anche in dosi bassissime. Trattasi invece dell’oro, dello zinco, stagno, zirconio ed il titanio, ci siamo allontanati dalla frontiera dei metalli “tossici”. A tale proposito andiamo a vedere altre definizioni attinenti agli altri elementi che vengono utilizzati in odontoiatria.

Oro: in chimica un metallo nobile è un elemento resistente alla corrosione e all’ossidazione in ambienti umidi.

Zinco: un metallo non-ferroso ciaratterizzato da una struttura cristallina.

Stagno: un metallo di post-transizione argento e malleabile anch’esso molto resistente.

Titanio: un altro metallo di transizione, leggero e forte.

Zirconio: metallo di transizione bianco-grigio.

Possiamo dunque apprezzare che in termini di definizioni, questi metalli ma non sono “tossici” nel vero senso della parola. Mi chiedo pero’ se ciò nonostante non siano in grado di costituire un fattore di rischio per la salute.

On the toxicity of gold nanoparticles: histological, histochemical and ultrastructural alterations, (Tossicità di nanoparticelle di oro. Aspetti istologici, istochimici ed ultrastrutturali), di Qais Jarrer et al, pubblicato a dicembre 2022 sulla rivista Toxicology and Industrial Health. L’obiettivo era di valutare se le nanoparticelle si depositano negli organi vitali di ratti Wistar Albinol Rattus norvegicus di sesso maschile.

I ratti sono stati sottoposti ad un totale di 20 iniezioni (un iniezione al giorno) di oro (10-nm Au) in un dosaggio che equivale a 2mg/kg. Successivamente sono state effettuate biopie di fegato, reni, cuore e polmoni. In confronto ai ratti nel gruppo di controllo, si e’ riscontrata congestione glomerulare , infiltrati infiammatori nelle cellule e degenerazione tubulare idrofila, rigonfiamenti, necrosi.

Sono anche state riscontrate alterazioni a livello epatico: citolisi degli epatociti, vacuolazione idrofica, degenerazione nucleare abbinata a dilatazione sinusoidale e precipitazioni ialine.

Nei cuori invece è stata riscontrata miocardite, congestione, ialinosi, cardiomiocitica.

 Nei polmoni: atelettasia, enfisema, ispessimento di natura infiammatoria delle cellule, ispessimento alveolare, edema polmonare interstiziale, congestione, ipersensibilità, proliferazione fibrocitaria, aspetto a nido d’ape.

Si deduce dalla lunga lista in “medichese” che le nanoparticelle d’oro possono causare cambiamenti a livello strutturale, istologico e istochimico degli organi vitali. Mi dispiace per la lunga lista in “medichese”, ma mi dispiace ancora di più che un metallo considerato “nobile” non lo sia così tanto da altri punti di vista; ovviamente anche questo metallo non era previsto nell’organismo umano in natura.

Per ciò che concerne l’utilizzo del titanio, metallo anch’esso m1olto utilizzato in odontoiatria invece: General review of titanium toxicity, (report sulla tossicità del titanio) pubblicato nel 2019 sulla rivista Dentistry di Tae Kim e colleghi. Si era sempre ritenuto che il titanio non comportasse rischi per l’organismo umano, ma ciò nonostante in casi rari ci sono stati problemi. Questo studio molto completo ha preso in considerazione numerose banche dati. I sintomi negativi più comunemente riportati, pur trattandosi di pochi casi erano allergie al titanio e yellow nail syndrome (sindrome dell’unghia gialla). 

La diagnosi di questa sindrome rarissima si basa sulla comparsa di 2 se non 3 tra i seguenti sintomi e  segni clinici: 1. Unghie distrofiche spesse di colore giallo che crescono molto lentamente. 2. Linfedema. 3. Sintomi respiratori. In letteratura sono riportati poco più di 100 casi.

I ricercatori hanno preso in considerazione un grande numero di studi, ed hanno concluso che sia odontoiatri sia medici dovrebbero tenere presente potenziali rischi di tossicità che si manifestano con allergie. Inoltre, negli anni prima della pubblicazione di questo studio che risale al 2019 erano stati pubblicati vari studi in riviste di medicina, odontoiatria e medicina ambientale.

 Non vorrei correre il rischio di fare addormentare il lettore, per cui cito brevemente uno studio dal titolo che non traduco (Cytotoxicity of resin-, zinc-oxide-eugenol and calcium-hydroxide-based root canal sealers on human periodontal ligament cells and permanente V79 cells) di Huang FM et al.  pubblicato nel 2002. I ricercatori hanno valutato la tossicità dell’ossido di zinco che viene spesso utilizzato come sigillante dopo interventi di devitalizzazione a livello cellulare (citotossicità mediante l’utilizzo di cellule parodontalie e cellule V79; (cellule prelevate da criceti). La conclusione dei ricercatori è stata che sia le cellule parodontali sia le cellule V79 possono essere utilizzate per valutare la tossicità dell’ossido di zinco. I ricercatori erano più interessati al tipo di cellule che non al tipo di danni a livello cellulare causati dell’ossido di zinco, ma se ne può dedurre automaticamente che l’ossido di zinco potrebbe essere lievemente tossico.

 Se il paziente lettore non si è ancora addormentato, quali conclusioni trarre?

Non sono riuscita a trovare studi che mettano a confronto la tossicità del mercurio con quella di altri metalli pesanti ” non – tossici. Gli studi sopracitati però riportano chiaramente che anche questi altri tipi di metalli possono  provocare effetti lievemente tossici a livello cellulare e/o reazioni allergiche.

Si potrebbe ovviamente affermare che pur essendo tossici sicuramente lo sono meno del mercurio. Istintivamente direi di si, ma non è serio affermarlo da un punto di vista scientifico. Affermo ccomunque che se fossi costretta a scegliere tra mercurio ed oro oppure uno degli altri metalli, opterei per oro o per uno degli altri metalli.

 Prima di finire, vedi The clinical performance of ceramic inlays: a review, di M.A. Berdman pubblicato nel 1999 su Australian Dental Journal. Pur non essendo recente l’articolo, è tattavia “attuale” pur essendo stato pubblicato piu’ di 20 anni or sono. Come riferiscono anche molti odontoiatri, ristrutturazioni di ceramica dentale necessitano di maggiore manutenzione in quanto sono più fragili. In pochi casi ci possono essere reazioni di ipersensibilità. “Maggiore manutenzione” implica costi maggiori. 

Devo anche fare presente che qualsiasi sostanza può provocare reazioni allergiche in soggetti predisposti e non è possibile effettuare ricostruzioni odontoiatriche senza materiali biocompatibili al 100%.

Per concludere questa parte, faccio presente che i nostri denti sono molto importanti; per ovvi motivi. Oltre al fatto che sono essenziali per la masticazione, infezioni ed altre problematiche causano spesso dolore insopportabilie. 

Il mio consiglio è di scegliersi accuratamente il proprio odontoiatra, assicurandosi che abbia esperienza nel consigliare i materiali dentali più appropriati per il singolo caso… con il supporto di una terapia chelante personalizzata.