Stanchezza, sensazione di mancanza d’aria, persino svenimenti, sono alcuni dei sintomi di una malattia dei vasi sanguigni dei polmoni nota come Ipertensione Arteriosa Polmonare. Fino a poco tempo fa si trattava di una malattia poco conosciuta, ritenuta rara, che veniva spesso confusa con l’asma, con la quale presenta alcuni sintomi in comune. Si è ora invece accertato che la malattia è più diffusa di quanto non si pensi. In sostanza, in questa malattia si verifica un restringimento dei vasi sanguigni nei polmoni, il che provoca un’aumentata resistenza al flusso del sangue pompato dal cuore.

Ciò determina un progressivo affaticamento per il ventricolo destro del cuore, che deve sforzarsi troppo per superare questa resistenza, e si può arrivare ad uno scompenso cardiaco.
L’Ipertensione Arteriosa Polmonare può comparire in modo isolato, ma più spesso è collegata ad altre patologie come ad esempio cardiopatie congenite, malattie immunologiche ed ipertensione portale.
Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi nel trattamento di questa malattia. E’ importante, per trattarla, cercare di capire da cosa sia causata.
Per rispondere alla domanda che immagino si ponga ora il lettore: non vi sono molte esperienze fatte con la respirazione Buteyko in relazione a questa malattia . In linea generale questo metodo, provocando una dilatazione generale delle arterie, che in questa malattia sono ristrette nella zona polmonare, potrebbe essere utile, ma occorre procedere con molta cautela, ed assolutamente solo con la consulenza di un medico esperto.
Tra le precauzioni raccomandate in genere dagli esperti vi è quella di evitare i lunghi viaggi in aereo ed i soggiorni in montagna oltre i 1500 m.
Un’ottima risorsa per saperne di più su questa malattia si trova a questo link:
http://www.claudiaefederico.net/ipertensionepolmonare/html/ipertensione.htm

-Nell’ultimo numero del Notiziario avevo messo in guardia contro gli effetti negativi che possono essere provocati dal movimento fisico, nei casi in cui durante il movimento fisico non si respira “bene” (e cioè quando si iperventila /respira troppo) .
Tra i numerosissimi studi sull’argomento ne segnalo in particolare uno, dal titolo “Inadequate Cerebral Oxygen Delivery and Central Fatigue during Strenuous Exercise” di Lars Nybo; Peter Rasmussen, pubblicato su Exerc Sport Sci Rev. 2007;35(3):110-118. © 2007 American College of Sports Medicine
In questo studio si osserva come in condizioni di riposo il cervello sia in genere protetto contro la mancanza di ossigeno, perché quando diminuisce l’ossigeno la circolazione del sangue nel cervello diventa più intensa per compensare questa diminuzione ; quando invece si fa del movimento fisico intenso, l’aumento della circolazione di sangue nel cervello può non essere sufficiente per compensare la carenza di ossigeno, perché, “l’iperventilazione (provocata dal movimento) fa diminuire il livello della CO2 presente il che porta ad una insufficiente ossigenazione del cervello” e può provocare spossatezza ed anche svenimenti.
Anche in questo studio, come vedete, viene dato per scontato (ed in effetti è così) che l’iperventilazione provoca una perdita eccessiva di CO2, il che provoca una carente ossigenazione del cervello (ed anche di altri tessuti). La domanda che tuttavia a questo punto sorge spontanea è: ma come mai invece pochi riflettono sul fatto che l’iperventilazione può essere presente non solo durante il movimento ma anche quando si è a riposo, e sui danni che può provocare la carente ossigenazione dei tessuti causata da questa iperventilazione ?

-Lo studio sopracitato mette ancora una volta in evidenza come sia importante, quando si vuole migliorare la salute, agire in base ad un piano organico globale, in cui i vari fattori vengano affrontati in base ad una scala di priorità adeguata; (cosa sempre più difficile nella nostra medicina ultraspecializzata, che difficilmente può affrontare l’organismo umano in base ad una visione integrale).
Per chiarire questo concetto nel mio libro “Attacco all’Asma.. e non solo” ho fatto l’esempio di una casa con 10 piani. Se vi è un guasto strutturale al pianterreno rischia di crollare tutto l’edificio, mentre se il guasto è al 10 piano crolla solo il decimo piano. Normalmente quindi, salvo caso di straordinaria urgenza che riguardano solo il decimo piano, occorre affrontare prima il guasto al pianterreno e poi quello al decimo. Se si ripara solo il decimo piano tutto l’edificio rischia comunque di crollare, data l’instabilità del pianterreno ed anzi i lavori di riparazione (trivellature e posa di nuove più pesanti struttre) rischiano di accelerare il crollo.
In questo paragone, il modo di respirare, data la sua importanza fondamentale per l’organismo (non si sopravvive più di qualche minuto senza respirare) può essere paragonato al pianterreno. Se non è buona la respirazione (pianterreno) ne risentono tutte le altre funzioni dell’organismo. L’esigenza di fare movimento, pur molto importante nel nostro mondo nel quale pochi fanno abbastanza esercizio fisico, può invece essere paragonata ad un quarto piano: prima di mettere riparo alla carenza di movimento occorre mettere a posto il modo di respirare, altrimenti, con l’intensificazione dell’iperventilazione provocata dal piano di esercizi fisici intrapresi (palestra, corsa ecc.) si rischia un peggioramento globale della salute. Solo dopo aver eliminato l’iperventilazione abituale anche a riposo, si può affrontare un aumento dell’esercizio fisico che a questo punto, se fatto con le dovute cautele, non potrà che far bene.

 

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