Ansia e attacchi di panico Anche l’ansia (come la depressione) è una sensazione normale in determinati periodi, ed è una reazione naturale di fronte ad un pericolo e alla prospettiva di perdere qualcosa di prezioso.
Se però la sensazione d’ansia è cronica e immotivata oppure se più che di ansia si tratta di veri e propri attacchi di panico immotivato, allora si è in presenza di una situazione patologica ed invalidante.
Gli attacchi di panico possono in certi casi essere così angoscianti (con mancanza di respiro, cuore che batte all’impazzata, senso di forte oppressione ecc. ) da indurre a pensare –soprattutto la prima volta che questo attacco si verifica- alla presenza di un infarto.
Sono non poche le persone che arrivano al pronto soccorso a sirene spiegate, pensando di essere in preda ad un attacco cardiaco mentre in realtà si tratta di un attacco di panico.
Mentre in certi casi può essere inevitabile ricorrere ai farmaci, (ed anch’io ho dovuto ricorrervi per alcuni miei pazienti per un po’ di tempo) in numerosi casi possono invece essere adottati con successo (dapprima magari insieme ai farmaci convenzionali e poi, con il migliorare della situazione, da soli) dei rimedi naturali, e vorrei parlare dapprima del più “naturale” di tutti, e cioè il modo di respirare, mettendo in rilievo il nesso che vi è tra questo tipo di attacchi ed il modo di respirare.
Su questa tematica del respiro si può leggere quanto scrivo anche in relazione all’asma, e soprattutto nella sezione di questo sito dedicata al metodo Buteyko.
A proposito dell’ansia vorrei qui soffermarmi sulla notizia che la Facoltà di medicina dell‘Università di Stanford, negli Stati Uniti, ha avviato uno studio per “accertare se sia vero che un disturbo la cui frequenza sta crescendo, gli attacchi di ansia e panico- sia causato da una carenza di anidride carbonica nel sangue, causata a sua volta da iperventilazione”.
Cosa si intende per iperventilazione?
Non si intende “respirare troppo” in assoluto; si intende invece respirare in modo eccessivo rispetto all’attività in cui si è impegnati.
Un respiro accelerato che sarebbe fisiologico se si stesse correndo per vincere una gara (e durante l’attività fisica l’organismo produce molta anidride carbonica, di cui è in effetti necessario disperdere, respirando molto, l’eccesso che si produce) diventa invece anormale e dannoso se si respira molto perché si sta per affrontare un esame o ci si sta arrabbiando, stando seduti in macchina, con l’automobilista che ci ha tagliato la strada.
In questi casi, in assenza di movimento, non si verifica alcun accumulo di anidride carbonica e il respiro accelerato è controproducente.
E’ indubbiamente interessante vedere che una delle più prestigiose università americane abbia avviato uno studio su una tematica (e cioè le conseguenze dei vari modelli respiratori sulla salute e sulle varie malattie sulla quale a mio avviso sarebbe necessario un maggior numero di sperimentazioni cliniche).
Non posso tuttavia fare a meno di osservare che già nella medicina popolare vecchia di secoli era noto il “rimedio della nonna“ consistente nel far respirare la persona in preda ad attacchi di panico od isterismo dentro un sacchetto di carta, che le veniva messo davanti alla bocca, il che faceva venir meno gli effetti dannosi prodotti dall’iperventilazione.
Si trattava tuttavia solo di una misura temporanea d‘emergenza, perché se non viene corretto il modello respiratorio errato, questo temporaneo beneficio viene presto disperso.
Inoltre quello lascia perplessi in questa tematica, è che le poche sperimentazioni che si fanno sul nesso tra modo di respirare/iperventilazione ed ansia/panico sembrano ripartire sempre da zero, ignorando studi già effettuati ormai da molti decenni.
Le prime ricerche cliniche sui danni e problemi prodotti dall‘iperventilazione (tra cui anche gli attacchi di panico) risalgono al 1937, e da allora ve ne è stata una lunga serie.
Riporto qui gli estremi di solamente alcuni di questi:
1.Kerr W. J., DALTON, J. W. and GLIEBE P. A. Some physical phenomena associated with the anxiety states and their relation to hyperventilation. Ann. Int. Med. 11, 962-992 (1937)
2.ENGEL G. L., FERRIS E. B. and LOGAN. Hyperventilation: Analysis of clinical symptomatology. Annals Int. Med. 27, 683 (1947).
3.LEWIS B. I. Hyperventilation Syndrome. A clinical and physiological evaluation. California Med. 91,121 (1959).
4.TUCKER W. I. Hyperventilation in differential diagnosis. M. Clin. N. Am. 47, 491 (1963).
5.SINGER E. P. The hyperventilation syndrome in clinical medicine. New York State J. Med. 1 st May,1494 (1958).
E ancora:
-Evans DW, Lure LC: Hyperventilation: An important cause of pseudoangina. Lancet 1977; 1: 155-157
-Heistad DD, Wheeler RC, Mark AL, et al: Effects of adrenergic stimulation on ventilation in man. J Clin Invest 1972; 51:1469-1475
-Lary D, Goldschlager N: Electrocardiographic changes during hyperventilation resembling myocardial ischemia in patients with normal coronary arteriograms. Am Heart J 1974; 87:383-390
-Magarian GJ: Hyperventilation. syndromes: Infrequently recognized common expressions of anxiety and stress. Medicine 1982; 61:219-236
-Pfeiffer JM: The aetiology of the hyperventilation syndrome. Psychother Psychosom 1978; 30:47-55
In sostanza, oltre 20 anni dopo il documentato ed approfondito articolo medico dal titolo “Hyperventilation Syndrome: A Diagnosis Begging for Recognition” -“La sindrome dell’iperventilazione: una diagnosi che implora riconoscimento” (Magarian G J, Middaugh DA, Linz DH: Hyperventilation syndrome: A diagnosis begging for recognition-Topics in Primary Care Medicine-. West J Med 1983 May; 138:733-736. From Ambulatory Care and Medical Services, Veterans Administration Medical Center, and the Division of General Medicine, Department of Medicine, Oregon Health Sciences University), la sindrome dell’iperventilazione, ed i danni da questa prodotti, tra cui appunto anche gli attacchi d’ansia e panico, sta ancora aspettando questo riconoscimento!
Oltre al modo di respirare, vi sono indubbiamente anche altri fattori da considerare, analisi diagnostiche da effettuare e rimedi da adottare. Mi hanno ad es. dato spesso buoni risultati alcuni preparati basati sull’omotossicologia e la microimmunoterapia, ed inoltre alcuni aminoacidi, da assumere secondo precise modalità e dosaggi, secondo un programma elaborato in anni di studio dal dr. Hintz e studiati presso l’Università del Minnesota.