Malattie psicosomatiche – In questo video diviso in due parti, potrete vedere un confronto della Dott.ssa Fiamma Ferraro con la Dott.ssa Margherita Di Pietro sul tema delle malattie psicosomatiche. Buona visione!
Buonasera a tutti, siamo qui con la dottoressa Fiamma Ferraro, medico chirurgo e medico di medicina generale, studio di medicina integrata, e con la dottoressa Margherita Di Pietro, psicoterapeuta. Questa sera presenteremo una, diciamo, un’intervista su un tema comune che affrontano queste due figure dei professionali e parleremo appunto di malattie psicosomatiche, diciamo dell’ambito psicosomatico, psicologico.
Allora iniziamo con la dottoressa Ferraro. Dottoressa cosa sono esattamente le malattie psicosomatiche?
Dott.ssa Ferraro
Ottima domanda perché questo è un tema oserei dire scottante. Allora il suffisso “psi” denota tutto ciò che è connesso alla mente nel complesso globale del soggetto, mentre “soma” significa, dal greco, corpo, ovvero la parte organica. Le malattie psicosomatiche mettono in evidenza la sottile connessione tra mente e corpo.
E a questo punto però sarei molto grata se potessi fare io una domanda alla dottoressa Di Pietro perché sono sicura che risponderà molto meglio della sottoscritta: qual è la differenza tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra?
Dott.ssa Di Pietro
Questa è un’ottima domanda che mi auguro chiarificherà un po’ tanta confusione. Dunque, lo psicologo è una persona che ha una laurea in psicologia, ha fatto poi l’esame di stato, ha fatto il tirocinio e dopodiché ha preso una specializzazione in psicoterapia.
Finché non si prende la specializzazione in psicoterapia, che dura quattro anni, lo psicologo non può curare, può fare un colloquio clinico, può fare un colloquio di sostegno, ma non ha gli strumenti per poter curare una persona che viene da lui con un problema e con dei sintomi. Lo psicologo non cura con l’utilizzo del farmaco ma usa il colloquio e delle tecniche specifiche che ha appreso durante la sua formazione che non finisce mai perché sappiamo che bisogna tenersi sempre aggiornati.
Mentre lo psichiatra ha una formazione medica quindi ha fatto medicina, ha la specializzazione in psichiatria, può dare dei farmaci, in alcuni casi lo psichiatra ha anche una formazione di psicoterapeuta che ha fatto dopo chiaramente la specializzazione in psichiatria.
Quello che è molto molto importante per una persona che decide di intraprendere un percorso psicoterapeutico è sincerarsi che la persona a cui si rivolge sia iscritta all’albo proprio per non rischiare di rivolgersi a persone che non hanno le competenze per aiutarlo o ad aiutarla.
Dottoressa Ferraro, quanto sono frequenti le malattie psicosomatiche nella popolazione in generale?
Dott.ssa Ferraro
Aia! Anche questo è un tema scottante, perché mentre ci sono dati, io mi chiedo personalmente quanto questi dati siano attendibili. Queste sono le stime. Si stima che circa il 55% dei pazienti che vanno dal medico di base in realtà siano affetti da una malattia psicosomatica, circa il 30% dei pazienti chirurgici, in particolare parliamo di malattie del tratto gastrointestinale, molto frequenti anche si stima circa addirittura un 60% delle persone che vanno dal neurologo privatamente, per cui sono molto frequenti e io mi chiedo quanto realmente questi dati riflettano la realtà, nel senso che immagino non sia tanto facile arrivare alla conclusione che un’affezione sia psicosomatica o non.
Dottoressa Di Pietro, qual è il ruolo del sintomo?
Dott.ssa Di Pietro
Il ruolo del sintomo è fondamentale perché il sintomo è un campanello di allarme che è trasmesso, cioè la persona ha un sintomo generalmente nel corpo, in tutto il sistema viscerale ed è giusto che vada prima dal medico a sincerarsi che non ci sia una causa organica anche se devo dire che nella mia esperienza, nonostante la persona possa avere una causa organica, chiaramente poi si stabilisce anche un problema a livello psicologico perché non stare bene presenta anche ad esempio un comportamento di preoccupazione da parte della persona che non sta bene.
Il sintomo non è da annientare. Io parlavo prima della figura dello psichiatra perché in alcuni casi non è possibile fare della psicoterapia se la persona è troppo attivata dai sintomi, perché il suo pensiero è fisso su quello che gli succede, su ciò che lo disturba e quindi a volte chiaramente la psicoterapia non può essere fatta e ha dura vita se non c’è una copertura farmacologica.
Però è da ben tener presente che la copertura farmacologica che comincia lo psichiatra, e che poi mano a mano va a scalare quando la persona sta meglio, va finita prima della psicoterapia, perché con la psicoterapia – e grazie al sintomo – io vado a capire qual è la radice del problema di questa persona, quando si è attivato il sintomo e in che situazioni e che cosa è importante fare perché alcuni ad esempio – spesso c’è una poli-traumaticità perché noi impieghiamo 26 anni perché il sistema nervoso centrale completi la sua formazione e in questi 26 anni è facile, anzi spesso succede, che abbiamo collezionato dei traumi che sono stati o non elaborati o parzialmente elaborati e che sono rimasti nella nostra memoria.
Fantastico veramente è molto affascinante. Dottoressa Ferraro, come si possono trattare da un punto di vista organico?
Dottoressa Ferraro
Domanda difficile. Allora la dottoressa di Pietro ci ha appena spiegato quello che sia il significato del sintomo. Io da un punto di vista organico dico che dipende da come questo sintomo si manifesta esternamente, nel senso che possiamo avere dei sintomi di natura strettamente psicologica ovvero stanchezza, malessere, nausea in assenza di valori clinici, referti clinici. Così come possiamo però addirittura avere anche una manifestazione a livello organico, ovvero addirittura infarti possono essere causati da un problema psicosomatico. Molti vanno a finire, come abbiamo visto, in chirurgia per cui non è facile, non è assolutamente facile.
Il mio punto di vista è che la persona dovrebbe innanzitutto accettare che ha un problema di questa natura, cosa purtroppo non sempre facile, e una volta accettato, è accettato, perché appunto il passo più importante almeno dal mio punto di vista è l’accettazione.
Una volta che la persona ha accettato di avere questo problema, io gli posso anche dare un supporto a livello naturale o come diceva la dottoressa Di Pietro anche un supporto farmacologico.
Dottoressa Di Pietro, perché è così importante il rapporto di stretta collaborazione tra il medico e lo psicologo?
Dottoressa Di Pietro
Questa domanda mi piace molto perché intanto la persona che si rivolge, la persona che ha un disturbo e che è disturbata,nella sua attività quotidiana, i pensieri diventano molto prepotenti e quindi vanno ad inficiare spesso le capacità a livello lavorativo o affettivo, di relazione.
La persona in prima battuta va dal medico, in prima battuta sempre e poi va dallo psicologo se il medico chiaramente ha la capacità anche di avere un rapporto empatico e dà fiducia alla persona che si presenta di fronte col suo problema e lo invia allo psicologo.
C’è da tenere molto presente che intanto è veramente importante una collaborazione, una comunicazione perché l’intervento tra il medico e lo psicologo, che sia il medico generico da cui si va in prima battuta o lo psichiatra, sia coeso, perché la persona si sente rassicurata e protetta da un comportamento coeso, dove capisce che le persone sono insieme nel curarlo. N è facile accettare l’aiuto però la persona che accetta l’aiuto ha già fatto il primo passo. Se noi utilizziamo metaforicamente una scala in salita dove l’ultimo gradino è il raggiungimento di una guarigione – perché noi siamo fatti per guarire se abbiamo gli strumenti giusti per poterlo fare – ma nel momento in cui tu ti rivolgi a qualcuno, hai già fatto il primo gradino, cioè c’è l’accettazione e l’accettazione presuppone una presa di coscienza “Non ce la faccio da solo e allora chiedo aiuto”. Chiedere aiuto vuol dire “sono disponibile a fare un lavoro su me stesso”. Una cosa molto importante che volevo dire che sento spesso è questa.
A volte le persone dicono “Ma quello avrebbe bisogno dello psicologo, quell’altro, l’altro da me, avrebbe bisogno dello psicologo”. In realtà il motore che una persona ha dentro per cui si rivolge a un terapeuta è un motore proprio. Non può essere un motore che viene dall’esterno, infatti dico sempre “Chi vuole l’appuntamento mi deve chiamare”, non accetto le chiamate della sorella, della madre, no deve essere lui, perché questo come dicevo se io sono troppo addolorato, perché ho dei disturbi dentro di me, mi è successo qualcosa di grave e io l’ho negato, l’ho rimosso, l’ho congelato, forse potrei non essere pronto a tirarlo fuori e a condividerlo. Quando viene una persona in terapia e ti dice “Io queste cose non le ho mai raccontate a nessuno, neanche a me” nel momento in cui riesce a verbalizzarle vuol dire che sono meno pesanti dentro di sé.
Si sente spesso questa cosa delle persone che scelgono o non scelgono di andare da uno psicologo. Ho visto, anche nella mia esperienza personale, persone che hanno indotto altre persone ad andare dallo psicologo, hanno fatto dei danni allucinanti. Mi piace molto questa cosa che lei ha detto della fiducia tra il medico e il paziente, il sentirsi rassicurati. Ho fatto un’intervista pochi giorni fa proprio dicendo che, anche nella comunicazione, la comunicazione diventa una base per instaurare la fiducia tra il medico e il paziente. Quindi questa è una cosa di cui sono molto convinta.
Bene, allora, dottoressa Ferraro, qual è la sua esperienza negli anni con le malattie psicosomatiche?
Dottoressa Ferraro
Purtroppo confesso ahimè non è delle migliori ecco perché vorrei tanto che questa nostra intervista possa anche essere un invito. Il problema, da quello che vedo io è proprio, come diceva poc’anzi la dottoressa Di Pietro, ecco il primo passo, il fatto che il soggetto accetti che ha un disturbo di questa natura perché come vedo io, prima di fissare un appuntamento per una persona – visto che io come la dottoressa Di Pietro lavoro privatamente – io fisso gli appuntamenti solo se ritengo di essere in grado di aiutare quella persona da un punto di vista medico poi certo garanzie non ci sono, ma c’è la garanzia che io faccio o tento di fare del mio meglio. Bene, trattasi di soggetti psicosomatici, nella mia esperienza molti hanno già fatto tanto “fai da te” prevalentemente da Internet. Da questo punto di vista io dico sempre che internet è una grandissima arma a doppio taglio tanto che alcuni pazienti io nemmeno li faccio entrare in studio perché dico che è inutile che io faccia spendere soldi e tempo e poi non sono in grado di aiutarli. Mentre quei pazienti, quei soggetti che decidono di entrare a fare parte di un team ovvero dove medico e psicoterapeuta collaborano, sono quei pazienti che hanno i migliori successi. Per cui ripeto, questo dovrebbe essere un invito a coloro che stanno guardando questa nostra intervista ad essere onesti con se stessi e cercare di compiere, come diceva la dottoressa di Pietro, quel primo passo, quel primo step della scala per cui è un messaggio positivo.
Bene, io ho un’ultima domanda per la dottoressa di Pietro. Che cosa spinge una persona a rivolgersi allo psicologo?
Dottoressa Di Pietro
Il fatto di essere cosciente di non farcela da solo, il fatto che, come dicevo prima, il disturbo interviene nella quotidianità e interviene costantemente ogni giornata. Mi alzo che ho paura o ansia, ho paura dell’attacco di panico, le persone che soffrono di attacco di panico si alzano e pensano “Mi verrà, non mi verrà, cosa mi succede? Come mai?” è un terremoto per una persona.
Volevo fare una precisazione molto importante perché io sento sempre dire questo.
Perché andare da uno psicologo invece che confidarsi e parlare con l’amico? Che differenza c’è? Perché questa è una cosa molto importante.
L’amico dà dei consigli. A volte i consigli non bastano perché tu già hai pensato a queste cose ma non riesci a farle. Lo psicologo è un po’ come Virgilio per Dante: ti accompagna ma fa sì che tu usi le informazioni dentro la tua neocorteccia, non mette dei contenuti suoi dentro di te, l’obiettivo è tuo, la strada è tua, ti aiuta con degli strumenti ad accedere alla neocorteccia perché chiaramente se io sono attivato perché sono arrabbiato, perché sono spaventato, non riesco ad accedere a quelle informazioni che io ho e che ho appreso nel tempo dalla mia esperienza. Nasciamo con un angolo, io dico questo, questo è contenuto mio, cioè da cui vediamo la realtà in un angolo di 20 gradi per arrivare a 180 o anche più, se abbiamo la fortuna di invecchiare rimanendo con un cervello funzionante. La palestra per il cervello secondo me è qualcosa da coltivare, adesso c’è molta attenzione al corpo, alla bellezza del corpo, alla forma del corpo ma il cervello è il nostro motore!
Infatti, allora mi spiace ma il tempo a nostra disposizione è praticamente finito, io saluto tutti e vi invito a seguire la dottoressa Ferraro e la dottoressa Di Pietro.
Per ulteriori approfondimenti, si possono consultare anche i seguenti link: